lunedì 21 febbraio 2011

La voce del diavolo. The marriage of Head and Heart

A memorable fancy. Un'introduzione autobiografica


Era l'estate del 2008, un momento piuttosto stagnante della mia vita. Avevo deciso, finalmente, di iscrivermi a una scuola di specializzazione in psicoterapia e stavo valutando quale scegliere. La rosa delle opzioni si era ridotta a due: una scuola junghiana, che trovavo molto affascinante da un punto di vista intellettuale, e l'analisi bioenergetica che però conoscevo poco.
Avevo incontrato per la prima volta il nome di Lowen in un romanzo (“Il mistero dell'inquisitore Eymerich” di Valerio Evangelisti) in cui si combinavano vari generi (fantascienza, gotico, fantasy) e piani temporali. In uno di questi era narrata la vicenda personale di Wilhelm Reich, compresa anche la seduta con Lowen che poi descriverà più volte nei suoi libri (ad esempio in Lowen, 1975).
In cinque anni di università, invece, all'analisi bioenergetica era dedicato solo un breve capitolo, a firma di Lowen stesso, in “Psicoterapia” di Corsini e Wedding (1995).
Stavo dunque leggendo “Bioenergetica” di Lowen, per chiarirmi le idee.
Da un po', non so dire esattamente se già da prima di iniziare a leggere quel libro, mi risuonava in testa un refrain, ma non riuscivo a ricordare da che canzone provenisse. Improvvisamente, in una notte insonne, l'illuminazione: era l'inizio di “Themes from William Blake's Marriage of Heaven and Hell” dei norvegesi Ulver (di nuovo un miscuglio di generi: folk, rock, elettronica), praticamente una trasposizione in musica del capolavoro del Romanticismo inglese. Subito ho inserito il cd nel lettore e ho ascoltato. Dopo pochi minuti ecco che sento cantare, con le parole di uno dei miei scrittori preferiti gli stessi concetti che mi avevano colpito nelle pagine di Lowen (vedi capitolo successivo).
Questa è stata la scintilla che mi ha fatto prendere la decisione definitiva. Se infatti, le prime impressioni che avevo avuto da “Bioenergetica” erano quasi di un approccio sportivo alla psicoterapia (non conoscevo ancora la “spiritualità del corpo”), ora ritrovavo poesia, e anche quel gusto per il lato positivamente oscuro e diabolico dell'esistenza. Intravedevo la possibilità di unire la mia parte razionale (se così si può definire quella che mi ha portato a studiare psicologia) e la mia parte più emozionale. Il matrimonio di testa e corpo (o cuore).
L'interesse per la poesia in bioenergetica è testimoniato inoltre dal recente congresso internazionale dell'IIBA in Brasile, di cui alcuni interventi sono raccolti nell'ultimo numero della nostra rivista (La poesia del corpo. Il disgelarsi del sé. Grounding, 2009, n. 2).Bob Lewis e Osvaldo Guimaraes, ad esempio, paragonano la psicoterapia alla poesia e lo psicoterapeuta al poeta, all'artista (“i terapeuti sono contemporaneamente artigiani ed artisti” p. 45).
Ora, due anni dopo, mi viene spontaneo pensare a quell'insistente refrain come a un messaggio proveniente dal corpo.

In a Printing house in Hell. William Blake: uno schizoide grounded?

William Blake (1757-1827) è stato un poeta, pittore e incisore preromantico inglese. Caratteristica preponderante di tutta la sua opera è sicuramente il suo aspetto visionario che influenzerà fortemente la storia della letteratura, dal Romanticismo inglese a Allen Ginsberg, che si dice abbia iniziato a scrivere dopo aver sognato Blake. Queste visioni, che pare Blake avesse fin da bambino (Diacono, 1965), non sembrano essere allucinazioni psicotiche. Pare infatti che egli riuscisse a controllarle e, anzi, le producesse volontariamente con l'uso dell'immaginazione (Diacono, 1965). Witcutt, nel suo studio psicologico di Blake (1946), definisce l'immaginazione come un'attività volontaria, come il metodo con cui è possibile esplorare l'inconscio da svegli. Infine, anche un letterato come Bataille (1957) riteneva che le visioni di Blake fossero delle creazioni dello spirito umano e non sintomo di psicosi.
La sua opera, che spazia dalla poesia ai dipinti e alle illustrazioni per l'Inferno di Dante è attraversata spesso da una spinta che si potrebbe definire rivoluzionaria nei confronti della morale dell'epoca, mirando talvolta al suo sovvertimento e anticipando pensatori quali Nietzsche e Freud, come per esempio nota Sanesi (1986)..
Pare inevitabile, dunque, che Blake abbia suscitato interesse in ambiente psicologico. Norman Brown, ad esempio, ne evidenzia le analogie col pensiero freudiano, in particolare riguardo la naturale tendenza al piacere che ritroveremo anche e ulteriormente sviluppata in Reich e Lowen: afferma infatti che “non vi è differenza fra la concezione freudiana dell'essenza ultima dell'essere umano e quella di William Blake che ha scritto [come vedremo, in The Marriage of Heaven and Hell]: ‘L'energia è l'unica forma di vita, e ci viene dal corpo’ ” (Brown 1959, p. 52). Poco oltre ribadisce i concetto evidenziandone ulteriormente il carattere che ho definito “sovversivo”:

Freud e Blake affermano che l'essenza ultima del nostro essere rimane nell'inconscio segretamente fedele al principio di piacere o, come dice Blake, di “delizia”. Dire questo significa mettere in discussione i presupposti psicologici su cui è costruita la nostra morale occidentale. Per duemila anni e più l'uomo è stato soggetto a un sistematico sforzo che lo voleva trasformare in un animale ascetico; tuttavia egli rimane un animale che cerca il piacere. L'educazione dei genitori, la condanna del piacere fisico da parte della religione e l'esaltazione filosofica della vita razionale hanno reso l'uomo docile in superficie, ma nel segreto del suo inconscio non l'hanno convinto, e quindi l'hanno reso nevrotico (Brown 1959, p. 53).

Ulteriore fortuna Blake la ottenne presso gli junghiani, in particolare grazie ai suoi scritti profetici, di cui The Marriage costituisce una prima versione semplificata. Blake, infatti, creerà una vera e propria mitologia personale che però esula dagli scopi di questa trattazione. Basti sapere che concepì una complessa cosmogonia in cui quattro “eterni”, i quattro Zoas, rappresentano sia quattro demoni che partecipano alla caduta dell'Uomo eterno, sia le componenti dell'uomo stesso che, dopo la caduta, devono riunificarsi. Questi sono: Urizen (ragione), Luvah (amore o emozione), Los (energia spirituale, immaginazione, spirito poetico) e Tharmas (sensazione) [per una trattazione approfondita dei quattro Zoas si vedano le voci corrispondenti in Damon (1965)] e vengono fatti corrispondere alle quattro funzioni della psiche della tipologia junghiana (Witcutt 1946).
Sempre in chiave junghiana, anche Michele Accettella (2006) analizza l'opera profetica di Blake, concentrandosi sui quattro Zoas e evidenziando come dallo stato edenico di unità e integrazione iniziale, la “caduta” sia causata da Urizen, la ragione che dovrà poi riunificarsi agli atri tre aspetti della psiche.
Da quanto esposto finora dovrebbero già apparire alcune evidenti analogia fra l'opera di Blake e alcune teorizzazioni di Reich e Lowen. Mi sembra tuttavia opportuno inserire qui alcune citazioni tratte da “The Marriage of Heaven and Hell”, libro edito circa nel 1790 che citavo in apertura e che trovo decisamente significativo e ricco di suggestioni poetiche per chi, come noi, lavora con l'energia vitale e con il corpo. In questo libro Blake immagina di fare un viaggio fra cielo e inferno durante il quale si intrattiene con angeli, diavoli, profeti biblici.
Riporterò dunque alcune delle frasi che trovo più significative da questo punto di vista, senza commentarle, in quanto credo non ce ne sia alcun bisogno per la chiarezza con cui sono espresse. Per comodità userò direttamente la traduzione di Giuseppe Ungaretti tratta da Visioni, sebbene consigli la lettura integrale e in inglese.
Innanzitutto la sezione intitolata “La voce del Diavolo” (visibile qui):

Tutte le Bibbie, codici sacri, sono state causa dei seguenti Errori:
  1. Che nell'Uomo ci sono due principi reali di esistenza, cioè un Corpo e un'Anima.
  2. Che l'Energia chiamata Male, procede solo dal Corpo; che la Ragione, chiamata bene, procede solo dall'Anima.
  3. Che Dio in Eterno torturerà l'Uomo avendo egli seguito le proprie Energie.
    Ma i seguenti Contrari a tali Errori sono Verità:
  4. Nell'Uomo non c'è un Corpo distinto dall'Anima […].
  5. Solo l'Energia è vita, e procede dal Corpo; la Ragione non è che il confine o il cerchio esterno dell'Energia.
  6. L'Energia è l'Eterno Piacere.
Reprimono il desiderio solo quelli che lo hanno tanto debole da poterlo reprimere; l'elemento repressivo o ragione ne usurpa allora il posto e fa da guida a chi non sa volere. (Blake 1790, pp.101-3).

Tutta l'opera è concentrata sull'invito a seguire la propria natura anche andando contro la morale dominante. Più oltre, mentre descrive il regno di delizie che si potrà vedere una volta spalancate le “porte della percezione”, scrive che questo avverrà “per via d'un progredire del godimento sensuale” (praticamente una Rivoluzione Sessuale in nuce). Ma, avverte, “prima di tutto, la nozione che l'uomo ha un corpo distinto dall'anima dovrà essere espunta” (Blake 1790, p.119).
Le parti più interessanti dal punto di vista bioenergetico, a parte il carattere sovversivo che lo potrebbe accomunare a Reich, sono sicuramente il concetto di energia come fondamento della vita (l'energia vitale è la bioenergia), la ricerca del piacere come diritto inalienabile dell'uomo (nonché scopo primario dell'esistenza) e il concetto di unità fra corpo e mente. Merita attenzione anche il fatto che i due opposti cielo e inferno (o corpo e mente, cuore e testa) devono mirare a un matrimonio, a quell'antitesi dinamica di cui parlava Reich (“Opposition is true Friendship” Blake 1790, p. 130). Questo concetto è espresso ancora più chiaramente in una delle prime pagine del libro: “Senza Contrari non c'è progresso. Attrazione e Ripulsa, Ragione e Energia, Amore e Odio sono necessari all'Umana esistenza” (Blake 1790, p. 101).
La cosa che mi sorprende maggiormente è che, a discapito del tono visionario e delle “Memorabili Fantasie” di cui il libro è pieno, Blake ha una forte fiducia nel corpo e invita a fidarsi di questo piuttosto che della ragione. Witcutt (1946), utilizzando la tipologia junghiana, definì Blake un introverso intuitivo (o “the supreme introvert”, p.23); io, utilizzando invece la terminologia propria dell'analisi bioenergetica, azzarderei la definizione di “schizoide radicato” proprio per questa sua fiducia e coscienza del corpo.

Il diavolo

La figura del diavolo è, necessariamente, una figura ambigua e sfuggente. Per Blake, in The Marriage of Heaven and Hell, i diavoli, l'inferno e il cosiddetto Male rappresentano l'energia naturale che viene dal corpo e viene soffocata dalla ragione che, invece, viene dall'anima e è caratteristica del Cielo, del Bene. Nelle opere successive, invece, in cui il carattere profetico acquista un'importanza maggiore rispetto alla critica della morale borghese e di origine cristiana, un ruolo simile a quello del diavolo, questa volta in senso negativo, viene attribuito a Urizen, la ragione che per prendere il sopravvento e acquisire potere sulle altre funzioni causa la caduta dell'Uomo eterno. Al di là della complessa e confusa mitologia blakeiana, la figura del diavolo ha spesso attirato l'attenzione anche in ambiente “bioenergetico”.
Già Wilhelm Reich, infatti, ebbe modo di occuparsi del diavolo. In Analisi del carattere (1948), ne parla a proposito della scissione schizofrenica in quanto la riteneva particolarmente utile a questo scopo.
Per Reich il diavolo rappresenta “la natura pervertita dell'uomo” (Reich 1948, p.485) che assume connotati soprannaturali e demoniaci proprio a causa della scissione, e per questa ragione è tanto più evidente nei disturbi gravi. Ad esempio, a causa di una forte armatura caratteriale (soprattutto a livello della gola e di una respirazione quasi assente) la paziente che Reich descrive trattando della schizofrenia in Analisi del carattere (1948), non riconosceva come proprie le sensazioni che provenivano dalla parte bassa del corpo e quindi le attribuiva a “forze” estranee e malvagie da cui difendersi e proteggersi. In sintesi “Dio si trasforma in Diavolo precisamente attraverso queste distorsioni delle funzioni vitali” (Reich 1948, p.515).
Reich estende poi il discorso in generale a proposito della repressione della sessualità:

Gli organi genitali sono strumenti biologici di scarica energetica e di procreazione della specie. Quest'ultima funzione è ampiamente nota e riconosciuta. L'homo normalis […] ha, d'altro canto, condannato la funzione biofisica di scarica energetica; questa tornò sotto forma di diavolo nella vita di fantasia dell'uomo. L'individuo biologicamente forte non sacrificò (o non poté farlo) il proprio giudizio razionale alle esigenze del pensiero ecclesiastico; la grande forza della natura entrò in conflitto con la dipendenza dell'individua dalla sua famiglia e dalla sua società. In queste circostanze le forze genitali continuano a funzionare, ma sono scisse dal resto dell'organismo come “cattive” o come “peccato”, e generalmente tornano sotto forma di diavolo, come “forze dell'al di là” nel campo della schizofrenia e del misticismo in generale (Reich 1948, p. 563).

Questo punto di vista, più ampio e “sociale”, verrà ulteriormente approfondito da Reich in un'altra sua opera, Etere, Dio e Diavolo (1949) dove si concentrerà in particolare sull'esperienza religiosa. Secondo Reich, in ogni religione è presente il desiderio di “ritorno alla propria origine”, sia essa la Terra, Dio o il grembo materno (Reich 1949, p. 151). L'uomo, per spiegarsi il perché di questa sensazione di separatezza dall'eterno ha creato l'idea di diavolo. Ma questa sensazione nasce dal fatto che l'uomo ha una corazza che effettivamente lo isola “dal contatto immediato con la natura”, che “rende inaccessibili le sensazioni organiche fondamentali, e con esse l'autentica sensazione di benessere” (Reich 1949, p. 155). Quindi

la perdita della naturale autopercezione scinde la persona […] in due entità opposte e contraddittorie: il corpo qui è incompatibile con l'anima e lo spirito . La “funzione del cervello”, l' “intelletto”, viene separato dal resto dell'organismo; quest'ultimo viene “posto in subordine” come l' “emozionale” e l' “irrazionale”. Quel che è deplorevole in tutto ciò è il fatto che, entro il contesto dell'esistenza dell'uomo rivestito di armatura, tutto è logico e corretto. (Reich 1949, p. 156).

Per queste ragioni l'intelletto, la mente e ciò che proviene da essi è definito “buono” e viene riassunto, insieme alle istanze morali, sotto la denominazione di Dio; ciò che viene dalle emozioni e dal corpo “cattivo” e quindi legato al Diavolo (Reich 1949), e questo riecheggia quanto già scritto da William Blake.
Tutto ciò da origine a malattie e sofferenze agli uomini che, già da bambini, vengono cresciuti con una corazza. Ogni tentativo di riformare la società che parta comunque dall'interno di questa visione bipolare è comunque destinato a fallire e a rientrare nel circolo vizioso del diavolo. Reich propone dunque dei principi base per un possibile cambiamento centrato non sull'opposizione al sistema vigente (e quindi basato su una concezione di unione degli opposti, di “matrimonio di cielo e inferno” per citare nuovamente Blake), ma centrato sul “decorazzamento” dell'animale uomo (Reich 1949).
In sintesi, per Reich

il diavolo è tentatore e così agevole da seguire perché rappresenta gli impulsi secondari, che sono accessibili. Dio è così noioso e distante perché rappresenta il nucleo della vita, che è stata resa inaccessibile dalla corazza. Perciò Dio è la grande meta irraggiungibile, mentre il diavolo è la realtà onnipresente che tutto inghiotte. Affinché si possa rendere Dio una realtà vivente, la corazza deve essere distrutta (Reich 1949, p. 171).

Lowen, tornando agli aspetti più clinici, nel suo primo libro, parla del diavolo a proposito del carattere masochista (Lowen, 1958). Per Lowen il diavolo del masochista è “una forza negativa, che si esprime nel dubbio e nella sfiducia, l'antagonista delle sensazioni di fede e di amore del cuore” e agisce “bloccando ogni impulso espansivo verso l'esterno con il dubbio e la sfiducia” (Lowen 1958, p. 178). In queste frasi si sente fortemente l'influenza di Reich e di quanto abbiamo scritto sulle sue concezioni del diavolo come conseguenza della corazzatura dell'uomo.
Il masochista è costretto a trattenere i suoi impulsi verso il mondo perché è stato umiliato e ferito: “il non voglio’ originariamente diretto all'esterno ora impedisce di cedere al sé; e il ‘diavolo’ nella mente ha sempre ragioni convincenti e razionali per giustificare questo atteggiamento” (Lowen 1958, p.202).
Si tratta, in sintesi dell'introiezione dell'oppressione, ma anche della derisione, subita da parte dei genitori e interiorizzata: per difendersi e proteggersi “il bambino adotta i metodi dei suoi oppressori” e se questo è un processo fondamentale per l'identificazione col genitore, se “il bambino utilizza gli strumenti del diavolo, in effetti vende la sua anima al diavolo, il quale si impossessa di lui”.
Muovendo da queste concezioni di Lowen e Reich, e aggiungendo idee dall'analisi transazionale e dallo psicodramma, Bennett Shapiro, international trainer dell'IIBA, ha sviluppato un modello di intervento centrato proprio sulla figura del diavolo. Secondo Shapiro, ognuno ha in sé una certa quantità di negatività repressa e inespressa:

più si è contratti a livello muscolare ed energetico e si ha bisogno di recitare una parte (falso Sé), maggiore è il grado di negatività che limita e blocca la nostra naturale aggressività, sessualità, auto-espressione e piacere, limite che crea e produce costantemente ulteriore negatività, per lo più inconsapevole (Shapiro 2006, p. 67).

Questa negatività, naturalmente, è presente anche nel rapporto terapeutico, e rischia di rovinarlo, specialmente se viene negata. Se, invece, viene incanalata positivamente, “la negatività in terapia può fornire una grande quantità di energia e vitalità che può essere usata per vivere” (Shapiro 2006, p. 68). Il diavolo, che spesso si nasconde e appare solo attraverso un ghigno o un sorriso scaltro, nasce come difesa per proteggere dalle ferite originarie ma spesso diventa eccessivamente stressante e “incapace di esprimere apertamente la rabbia che si trasforma e ‘marcisce’ e che si esprimerà solo attraverso attività tortuose, ingannevoli e distruttive, per questo ‘diaboliche’ ” (Shapiro 2006, pp. 68-69).
Soprattutto, scrive Shapiro, il diavolo è un'enorme risorsa di energia e forza che, in quanto bloccata, non viene sfruttata. Deve quindi essere accettato dal terapeuta, che deve inoltre accettare e riconoscere i propri diavoli. Nella terapia, dunque, il nostro diavolo può e deve esser fatto emergere per caricarsi di energia e integrarsi nel corpo al fine di liberare “forza, energia e fiducia utili per tornare alla nostra originaria vulnerabilità e a sentimenti sinceri” (Shapiro 2006, p. 69).
Shapiro, poi, descrive tre tipi di diavoli: il Bambino, il Genitore e l'Adulto, indicando per ognuno come riconoscerli e come lavorarci. Sarebbe lungo e fuori luogo descrivere qui questo processo, ciò che più conta è che “il nostro diavolo deve essere esercitato anziché esorcizzato” (Shapiro 2006, p. 69) [curiosamente più o meno la stessa frase è stata anche attribuita a Anton S. LaVey, fondatore della Chiesa di Satana].

Il masochista

Da quanto emerso nel capitolo precedente appare doverosa, a questo punto, una trattazione del carattere masochista, se non altro per il fatto che Lowen ha “osservato la funzione del diavolo in ogni struttura caratteriale masochista” (Lowen 1958, p.178).
Il “carattere masochista”, inoltre, è di fondamentale importanza perché, con il suo articolo del 1932 così intitolato (ora in Reich 1948), Reich opera un passaggio fondamentale

dalla tecnica puramente psicoterapica dell'analisi caratteriale alla vegeto-terapia carattero-analitica, cioè a una tecnica terapeutica che, conforme ai concetti energetici reichiani, aggrediva simultaneamente al livello emozionale e muscolare, cioè con l'analisi caratteriale e con tecniche biorilassanti, l'insieme dei blocchi emozionali e muscolari (corazza) che l'organismo nevrotizzato da un'educazione repressiva sviluppa per difendersi dall'angoscia (De Marchi 1981, p. 25).

In questo scritto, che De Marchi definisce giustamente “cruciale”, inoltre, Reich confuta la teoria dell'istinto di morte, riportando l'attenzione al principio di piacere come fondamento dell'esistenza (De Marchi 1981).
Sostanzialmente, per Reich, anche il masochista cerca il piacere come chiunque altro, e non attraverso il dolore: quando “inizia l'attività di piacere […] si inserisce la paura della punizione; l'autopunizione masochista non è l'esecuzione della punizione temuta, ma quella di un'altra, più attenuata” (Reich 1948, p. 277). in realtà, quindi anche il masochista tende al piacere, ma incontra frustrazioni e angoscia che nascondono o trasformano in dispiacere la meta originale. Reich ricostituisce dunque la concezione iniziale di masochismo come sadismo diretto verso l'interno sottolineando come le continue lamentele e la “coazione a ripetere” siano una forma di aggressione dissimulata verso l'altro che risulta quindi incapace di aiutare, levando qualsiasi colpa al soggetto masochista (Reich 1948).
Per Lowen “la struttura del carattere masochistico è quella dell'individuo che soffre e si lamenta, ma rimane remissivo” (Lowen 1975, p. 142) almeno in apparenza, mentre all'interno, a livello emotivo, ha forti sentimenti di astio, negatività e ostilità che però blocca per paura di esplodere in un comportamento violento “trattenendo” con il sistema muscolare che è molto sviluppato e limita qualsiasi affermazione o aggressività diretta lasciando passare solo lamenti e piagnistei (Lowen 1975):

l'energia dell'organismo è intrappolata dall'aggressività diretta all'interno, che chiude ogni sbocco. Il desiderio, trattenuto all'interno, crea la sofferenza. Ma gli sbocchi non sono completamente chiusi, ché in tal caso sarebbe la morte; piuttosto, sono fortemente ristretti, e ne fuoriesce solo una piccolissima carica di energia, o aria, che a livello sonoro produce il piagnucolio (Lowen 1958, p. 190)
La struttura masochista, quindi, è molto carica di energia, solo che questa è trattenuta con forza all'interno, pertanto, il corpo spesso ha un aspetto tozzo e muscoloso e si muove in modo goffo e impacciato. Spesso la pelvi è avanzata, come se la persona avesse “la coda fra le gambe” e la carnagione è brunastra per il ristagno dell'energia (Lowen 1975). Il bacino risulta quindi bloccato perché è spinto in avanti stringendo le natiche e contraendo gli addominali. Questo finisce con il limitare la soddisfazione genitale. La sessualità, inoltre, è ostacolata da sensi di colpa e dalla paura della punizione. Inoltre, “la paura di una forte eccitazione genitale trattiene l'energia negli organi pelvici e nelle natiche, dove si impantana” perché sono impossibili sia la scarica che il ritiro e si genera angoscia. Per ridurre la tensione il masochista ha quindi due possibilità: o “spreme” l'energia nei genitali stringendo cosce e natiche (e limitando così il piacere) e scaricandola così, o aumenta la tensione con la forza, per esempio con il fatto o la fantasia di essere percosso (Lowen 1958).
Come già scritto, autoaffermazione e aggressività sono fortemente controllate e limitate, vengono sostituite da un atteggiamento provocatorio verso l'altro per causare una risposta sufficientemente forte da poter giustificare, nel masochista, una reazione violenta e esplosiva. Spesso c'è un atteggiamento di apparente sottomissione e compiacenza che maschera una sottostante presenza di astio, negatività e ostilità. Ai fini della terapia, è necessario che questi sentimenti repressi vengano espressi e liberati (Lowen 1975). È molto importante, infatti, chiedere al paziente di esprimere i propri sentimenti negativi (e qui è evidente come il lavoro con il diavolo di Shapiro sia indicato per questo carattere) sentendoli veramente, in particolare quelli rivolti al terapeuta (Lowen 1958). Spesso è presente la sensazione di esser sempre sotto una forte pressione che porta a quell'inerzia definita “palude” o “pantano” masochista (Lowen 1958).
Tipicamente la struttura masochista si sviluppa in un ambiente famigliare in cui i tentativi di indipendenza e i sentimenti negativi sono fortemente colpevolizzati (Lowen 1975), spesso da bambino il masochista è stato profondamente umiliato e indotto a sentirsi inutile e inadeguato e così ha perso la fiducia, in sé e nel mondo e quindi mostra un enorme bisogno di essere approvato e amato (Lowen 1958). Nell'educazione viene data un'esagerata importanza all'alimentazione e all'evacuazione, creando così pressioni sia dall'alto che dal basso (Lowen 1975), i suoi bisogni spirituali sono negati, mentre quelli materiali vengono esaltati. Tuttavia, il masochista, sa di essere stato amato dalla madre, non ha la sensazione di vuoto che sente l'orale. Ciò che ha creato il disturbo è piuttosto il modo in cui questo amore è stato espresso, in maniera quasi soffocante (Lowen 1958).

Descrivendo la condizione del carattere masochista, Lowen cita Dostoevskij: “L'inferno è la sofferenza di coloro i quali non sono capaci di amare”, qualche pagina prima, oltre a questa stessa citazione, paragona la terapia bioenergetica al viaggio di Dante attraverso l'inferno per tornare a “rivedere le stelle” con l'aiuto di Virgilio, che dall'inferno era già passato (Lowen 1958). Siamo partiti da un viaggio all'inferno di un poeta inglese per arrivare a un simile viaggio di un poeta italiano che viene paragonato alla psicoterapia. Probabilmente non è un caso, forse abbiamo seguito “la voce del diavolo”?

Bibliografia

Bibliografia

In questo post, la bibliografia a cui rimandano i riferimenti degli altri post.


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